La creazione, un pensiero continuo

Mannes Laffi
graphic designer
Non serve urlare le cose, bastano poche linee, poche forme per arrivare a quello che si vuole comunicare

Testo — Ines Ivkovic
Fotografia — Mannes Laffi

DESIGN TALES /
LA CASA
è UN LUOGO
DI PENSIERO

Il processo creativo che dà origine ai tuoi progetti?
Il processo creativo nasce da un pensiero continuo, ma si formalizza, almeno per me, solamente quando esiste un committente, un target di riferimento ed un budget. Altrimenti, molte volte, rimane solo un idea.

I tuoi progetti ispirano rigore e chiarezza. Qual’è l’origine di questo percorso?
Forse per come sono fatto io. Penso di essere molto critico verso le cose che vedo, verso me stesso. Non serve urlare le cose, bastano poche linee, poche forme per arrivare a quello che si vuole comunicare.

A che ore ti piace arrivare alla scrivania?
Mi dò orari classici, solo quando praticavo la pittura, lavoravo anche di notte.

Mannes Laffi è un designer grafico, artista e docente. E’ fondatore di mu design, uno studio di progettazione grafica con sede a Imola.

Ricerche di stile, Palazzo Tozzoni a Imola
Naturalmente. La Fontana.

Il design grafico bidimensionale incontra lo spazio. Quale dimensione ti piace di più?
Mi piace l’idea dell’immersione nel lavoro. Quando entro in uno spazio, come visitatore o come autore, amo l’esperienza totale, visiva, tattile, acustica.

Il tuo progetto a cui sei più legato?
Sono due. La Fontana, realizzata a Imola al Parco delle Acque Minerali, ma che dopo pochi anni, come moltissime fontane in questo paese è andata a deteriorarsi. Lì c’era l’idea della grafica unita all’acqua che scrosciava sulla parete, sui disegni, quindi anche un’idea musicale. E poi il museo di Imola, un lavoro di progettazione totale.

Quali magazine e giornali leggi?
Sopratutto online, ma nessuno di riferimento particolare. Forse ne ho letti troppi, ora preferisco essere un navigatore libero.

Quali sono i tuoi maestri di riferimento?
Sono tanti e provengono da varie discipline. Il primo è Steve Reich, un compositore americano che a vent’anni mi ha aperto al linguaggio del minimalismo. Poi Schnabel e DeChirico. Il primo Wim Wenders e François Truffaut. Il Seicento e il Modernismo — due periodi storico artistici entrambi focalizzati sull’opera totale, l’immersione completa dell’uomo in un mondo artistico.

Che cosa ami in un interno domestico?
Il silenzio e la luce. La casa deve essere un luogo di pensiero, con delle belle finestre. A casa mia, ristrutturata da pochi anni, ho dato prevalenza a delle grandi finestre , proprio per avere l’idea di questi quadri viventi esterni.

Arredo scomodo stimola il pensiero, dicono.
Da me tutto è essenziale – le scrivanie per lavorare, un semplice tavolo per mangiare, una cucina lineare e poi dei divani, di una certa età e scomodi, ma dove a volte dormo bene.

Lo scoglio più grande che hai incontrato nel tuo percorso di designer?
Forse quando facevo dei progetti in cui non credevo molto, quelli credo siano i peggiori. Con l’età ho imparato ad evitare questo tipo di lavoro. Come direbbe Jep Gambardella “…è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare.”

Un oggetto nella tua casa che ami di più?
La mia libreria. mudesign.it

“Cupola”, 2009

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